“Stiamo ricevendo segnalazioni da parte di cittadini ucraini che nel 2020 hanno presentato domanda di regolarizzazione impossibilitati ad uscire dall’Italia per ricongiungersi ai figli e ai parenti che scappano dalla guerra: il rischio è che chi è ancora in attesa del permesso di soggiorno, ovvero la maggior parte considerato l’estremo ritardo con cui sta procedendo l’iter, si veda rigettare la pratica. Dopo quasi 2 anni di attesa sarebbe davvero inconcepibile, soprattutto ora che molti di loro stanno vivendo un’emergenza umanitaria”. È quanto dichiara da Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico.
“In base ad un’interpretazione restrittiva delle disposizioni contenute nell’articolo 103 del Dl 34, che nell’estate del 2020 ha aperto le porte della regolarizzazione ad oltre 200 mila lavoratori (di cui l’85% solo nel settore domestico), – spiega Zini – chi è in attesa del permesso di soggiorno non potrebbe lasciare il territorio nazionale. Una posizione inaccettabile che da quasi due anni sta bloccando questi lavoratori in Italia. Oggi, con lo scoppio della guerra, la situazione si è aggravata soprattutto alla luce del fatto che quella ucraina, con 18.639 istanze pervenute, è la prima nazionalità tra i lavoratori che hanno aderito alla sanatoria solo nel settore domestico. Tuttavia, stando al monitoraggio effettuato dalla campagna Ero Straniero, ad ottobre scorso solo poco più di un terzo delle pratiche era stato finalizzato da parte delle prefetture, con circa 38.000 permessi di soggiorno rilasciati dalle questure a procedimento ultimato”.
“Per questo – conclude Zini – rivolgiamo un appello urgente al Governo e al Ministero dell’Interno affinché anche alla luce dell’emergenza internazionale che stiamo vivendo venga velocizzato l’iter di tutte le domande di emersione ma, soprattutto, perché con una circolare o con delle Faq si dia certezza sull’ammissibilità degli spostamenti per chi, tra coloro che hanno aderito alla sanatoria, abbia necessità di allontanarsi dall’Italia magari per recarsi ai confini dell’Ucraina e ricongiungersi ai propri familiari”.