L’entrata in vigore dell’Assegno Unico e Universale per i figli a carico, atteso per il 1° marzo 2022, potrebbe generare positive ricadute in termini di nuova occupazione nel settore domestico, con il conseguente incremento della domanda di baby sitter. Una famiglia composta da genitori entrambi lavoratori con due figli minori di 6 anni e con Isee sotto i 25mila euro, percependo circa 300 euro al mese di Assegno Unico, potrebbe coprire il costo della retribuzione di una tata per circa 9 ore a settimana; in presenza di un Isee inferiore ai 15mila euro, l’assegno aumenterebbe a 350 euro mensili, una somma con cui si riuscirebbe a pagare lo stipendio di una baby sitter fino a 12 ore alla settimana. È quanto emerge da uno studio elaborato da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, illustrato questa mattina in occasione della presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2021 curato dal Centro Studi e Ricerche Idos.
Per una famiglia con tre figli in cui entrambi i genitori lavoratori dichiarassero un Isee inferiore ai 15mila euro, l’assegno arriverebbe a 700 euro mensili e in questo caso si riuscirebbe a coprire il costo della retribuzione di una baby sitter per 25 ore alla settimana.
“Tuttavia – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – non essendo stato previsto un meccanismo di tracciabilità dell’Assegno Unico e Universale, c’è il rischio che queste risorse, potenzialmente volano di nuova occupazione per il comparto domestico, vadano invece ad alimentare le fila del lavoro irregolare che, purtroppo, ha già percentuali altissime, con 6 lavoratori su 10 senza contratto, circa 1,2 milioni su un totale di 2 milioni di addetti. Una preoccupazione aggravata dalla totale assenza di meccanismi fiscali che favoriscano la regolare assunzione di personale domestico. Ecco perché a nostro avviso sarebbe opportuno rivedere il meccanismo dell’Isee previsto per l’AUU, potenziando al contempo incentivi, come quello già previsto, che puntino ad introdurre maggiorazioni economiche nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori”.
“D’altra parte – puntualizza Luca Di Sciullo, presidente di Idos – anche negli anni della programmazione dei flussi, la rilevazione del fabbisogno di manodopera straniera dall’estero, in funzione della determinazione delle quote d’ingresso dei lavoratori stranieri, ha sempre escluso il comparto dell’assistenza domestica, le cui esigenze sono più che mai urgenti oggi che gli anziani aumentano esponenzialmente sia nelle famiglie sia tra i lavoratori, anche stranieri, del settore, creando una domanda sempre più estesa e un’offerta sempre più limitata. Una non-politica che, in questo welfare “fai-da-te”, ha favorito il formarsi di una larghissima sacca di lavoro nero, spesso basato su una mutua convenienza delle parti, che neppure l’ultima regolarizzazione è riuscita a riassorbire efficacemente, complice l’estrema lentezza con cui si stanno lavorando le pratiche, ancora a ben un anno e mezzo dalla chiusura della procedura di emersione”.