“Già dal mese di gennaio la busta paga di colf, badanti e baby sitter dovrà adeguarsi ai nuovi minimi retributivi, cresciuti del 9,2% come conseguenza della galoppante inflazione. Senza un intervento immediato e mirato da parte dello Stato l’effetto potrebbe essere quello di un’ulteriore espansione del lavoro irregolare, che nel settore ha già un tasso elevatissimo: stando ai calcoli dell’Istat nel 2020 era pari al 52,3% del totale”. È quanto dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico.
“Uno strumento concreto per mitigare gli aumenti – prosegue – potrebbe essere il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso 2023-2025 adottato dal ministro Calderone a dicembre scorso. Tra le linee d’azione si prevede, infatti, di introdurre un bonus che consenta di far fronte al costo complessivo sostenuto dalle famiglie per il personale domestico. Una scelta giusta, che speriamo possa concretizzarsi ma che, tuttavia, chiediamo non sia collegata all’Isee familiare, come invece il Piano prevede. Restiamo convinti – precisa Zini – che la strada maestra per sostenere famiglie e scardinare il meccanismo che incentiva il lavoro irregolare sia quello di concedere la totale deducibilità del costo del lavoro domestico. Non bisogna, infatti, dimenticare che ad oggi un datore di lavoro può portare in deduzione solo una minima parte dei contributi versati per il lavoratore, in molti casi una cifra irrisoria rispetto al costo complessivo e quindi senza un reale vantaggio per chi mette in regola. Far decrescere il bonus a fronte di livelli più elevati di Isee significherebbe escludere gran parte delle famiglie che subiranno incrementi. Al contrario – conclude il presidente di Assindatcolf – occorre che il lavoro regolare costi alla famiglia meno di quello in nero”.