“Allarmanti i dati sul settore domestico presentati oggi dall’Inps: il continuo decremento del lavoro regolare, che nel 2023 è calato di altre 68mila unità, certifica un indubbio aumento del ‘nero’. In un Paese che tende sempre più strutturalmente all’invecchiamento, nonché fanalino di coda per nuovi nati, è impensabile che il lavoro domestico non venga ancora considerato una priorità dell’agenda politica. Gli unici provvedimenti recentemente messi in campo per il comparto sono tutti rivolti ad una platea over 80 con Isee bassissimo, una goccia in mezzo al mare rispetto alle reali esigenze”. È quanto dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico.
“Servono misure universali e non legate all’Isee, altrimenti si produrrà evasione per dimostrare di essere ‘poveri’ ed un incremento del lavoro irregolare. Al contrario, – prosegue – abbiamo urgente bisogno di provvedimenti che rispecchino l’evoluzione che ha vissuto il comparto domestico negli ultimi decenni. Un cambiamento che emerge anche nei dati presentati dall’Inps sia rispetto alla nazionalità, che alla tipologia di lavoro. Sebbene, infatti, quello domestico resti un settore a prevalenza straniera, colpisce il dato che riguarda gli italiani. Guardando alla zona geografica di appartenenza quella italiana risulta essere la seconda, dopo l’area dell’Europa dell’Est (297.373 lavoratori, pari al 35,7% del totale), con 259.689 domestici, pari al 31,1%”.
“Infine, – conclude il presidente di Assindatcolf – mentre in passato la figura della colf era quella nettamente prevalente rispetto alla badante, nel 2023 siamo arrivati al punto che si è quasi annullata la forbice. Le due figure ormai si equivalgono in termini di contratti. Questo dovrebbe far riflettere le istituzioni rispetto al peso che ricopre il settore domestico nella gestione della terza età e della non autosufficienza, purtroppo ancora considerato di serie B”.