“Dopo il ‘boom’ di rapporti di lavoro domestici registrati dall’Inps nel 2012, anno in cui si è superato il milione di lavoratori regolari, abbiamo assistito ad una costante e pericolosa riduzione del numero di occupati nel settore, fino ai numeri del 2016 che attestano un’ulteriore contrazione del 3,1%. Dati che a nostro avviso certificano quanto da tempo sosteniamo: centinaia di famiglie, caricate di oneri fiscali ed economici, sono obbligate a ‘scegliere’ la strada del nero per far quadrare i conti di casa, altrimenti ingestibili”. È quanto dichiara Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestici, aderente Confedilizia, componente Fidaldo, commentando i dati annuali 2016 resi noti dall’Inps relativamente al comparto domestico.
“È altresì evidente – prosegue l’Associazione – come lo strumento dei voucher (che oggi si chiama Libretto famiglia) non abbia generato comportamenti virtuosi che, invece, potrebbero essere attivati con incentivi fiscali mirati. Per questo motivo occorre che il Governo inserisca nella prossima Legge Finanziaria forme di aiuto alle famiglie in termini di deducibilità del costo del lavoro domestico. Un meccanismo questo, che potrebbe attivare duplici vantaggi: far risparmiare le famiglie; far emergere quel milione di lavoratori che, stando alle stime del Censis, ad oggi operano nella zona grigia del lavoro irregolare ma anche restituire dignità ad un settore che troppo spesso, e nonostante i numeri, viene ancora considerato come un’occupazione di serie B. Sempre il Censis ha, infatti, stimato in quasi 19 miliardi di euro il giro di affari generato complessivamente dal comparto nel 2016. Numeri che non possono essere trascurati e che devono essere supportati da riforme strutturali del sistema”.
“Infine, – conclude Assindatcolf – non bisogna sottovalutare anche un altro dato che oggi ci consegnano le rilevazioni dell’Inps: cala complessivamente il numero dei lavoratori domestici ma aumentano gli italiani (+1%). Si tratta principalmente di donne in età avanzata, tra i 45 ed i 59 anni, segno che, in tempi di crisi, il comparto può e deve essere considerato anche come una nuova frontiera lavorativa, una leva per risolvere il problema della disoccupazione, per far fronte al costante invecchiamento della popolazione e a politiche di welfare pubbliche ormai insufficienti a soddisfare le esigenze”.