Innalzamento delle soglie di deduzione e detrazione legate al lavoro di colf, badanti e baby sitter per contrastare l’irregolarità nel comparto domestico che, secondo le stime, con 1 milione e 121 mila lavoratori in nero incide per il 58,7% sul totale degli occupati, generando un mancato gettito di circa 2,7 miliardi l’anno. Sono questi, secondo l’80% dei Consulenti del Lavoro, gli strumenti più efficaci ai fini dell’emersione del lavoro di collaborazione e assistenza alle famiglie.
È quanto emerge dalla ricerca “Il costo nascosto del lavoro domestico” realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su commissione di Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) e presentata oggi a Bologna, nell’ambito del Festival del Lavoro. Presenti, oltre al presidente di Assindatcolf, Andrea Zini e alla responsabile Ufficio Studi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Ester Dini, anche il sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Tiziana Nisini e il componente del CdA Inail, Cesare Damiano. A moderare l’evento, intitolato “Lavoro domestico in nero, quanto ci costa?”, la giornalista Simona D’Alessio.
Secondo lo studio, realizzato su dati Istat, Mise, Mef e su una ricerca condotta su oltre 1500 Consulenti del Lavoro, le misure fiscali attualmente a disposizione delle famiglie datrici di lavoro domestico non sono sufficienti a contrastare il lavoro irregolare. Più dell’80% dei Consulenti del Lavoro ritiene, infatti, che l’innalzamento della soglia di deducibilità delle spese per il lavoro domestico e di quella di detrazione per i prestatori d’assistenza siano gli strumenti più efficaci ai fini dell’emersione. Il 64,7% indica, invece, come ‘soluzione’ quella di inserire sgravi ad hoc per le famiglie che assumono collaboratori domestici. Opzione che risulterebbe preferibile rispetto all’estensione di quelli già esistenti a tale tipologia di lavoratori, che pure viene valutata positivamente dagli intervistati: il 53,9% pensa, infatti, che la previsione dell’esonero contributivo per le nuove assunzioni possa essere molto e del tutto efficace. Minore il consenso per altre misure: è il caso del voucher alle famiglie per l’acquisto di servizi domestici (48,9%), l’inasprimento delle sanzioni per chi utilizza lavoro irregolare (47,7%) o l’estensione degli incentivi per chi assume percettori del Reddito di cittadinanza (45%). In particolare, al Centro e al Sud si registrano valutazioni ancora più positive rispetto agli incentivi alle nuove assunzioni. Nel Mezzogiorno è il 72,3% dei rispondenti a valutare molto positivamente gli sgravi contributivi per le assunzioni di collaboratori domestici ai fini dell’emersione e anche con riferimento ai benefici per i percettori di RdC, il dato sale al 56,3%.
“Gli strumenti attualmente a disposizione delle famiglie – spiega Andrea Zini – e finalizzati a ridurre il costo sostenuto per il lavoro domestico sono assolutamente insufficienti e non in grado di rompere quel meccanismo di ‘connivenza’ che è alla base del lavoro irregolare. Ad oggi infatti, un datore ha la possibilità di dedurre solo parte dei contributi versati, fino ad un massimo di 1.549,37 euro l’anno e di detrarre una parte irrilevante del costo, ovvero il 19% di massimo 2.100 euro, solo nel caso dell’assunzione di una badante per persona non autosufficiente con reddito inferiore ai 40mila euro annui. Parliamo di 399 euro l’anno a fronte di una spesa che per una badante full time supera i 16mila euro l’anno. Per quanto il rischio legato alla mancata regolarizzazione sia nei fatti più oneroso per una famiglia che al contrario pensa di risparmiare non formalizzando il lavoro, siamo convinti – conclude – che la strada maestra per invertire la tendenza sia la totale deducibilità del costo del lavoro domestico (non solo i contributi ma anche lo stipendio, il tfr e la tredicesima) e l’indagine dei consulenti del lavoro ce lo conferma”.