Per coprire il fabbisogno familiare di cura e assistenza domestica in Italia servirebbero fino a 23mila lavoratori non comunitari l’anno da assumere nei ruoli di colf e badanti, circa 68mila nel triennio 2023-2025. È quanto emerge dalla ricerca commissionata da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico e realizzata dal Centro Studi e Ricerche Idos.
Il Paper, intitolato “Il fabbisogno aggiuntivo di manodopera straniera nel comparto domestico. Stima e prospettive” è contenuto nel Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico” promosso da Assindatcolf in collaborazione con il Censis, Effe (European Federation for Family Employment & Home Care), la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ed il Centro Studi e Ricerche Idos. Il documento è stato presentato questa mattina nel corso di un evento organizzato alla Camera dei Deputati, presso la sala Salvadori.
Lo studio stima, nell’ipotesi mediana, che siano state 1.328.000 le persone che nel 2022 hanno avuto necessità di personale straniero per l’assistenza familiare: circa 651.000 di badanti e oltre 677.000 di colf e baby-sitter. Tenendo conto delle previsioni di incremento della popolazione anziana, si calcola che questa platea crescerà fino a 1.402.000 persone nel 2025, di cui 687.000 necessiteranno di badanti e 715.000 di colf e altro. Su questa base, il fabbisogno di manodopera straniera aggiuntiva oscillerebbe, per l’intero triennio 2023-2025, tra i 74.000 (ipotesi mediana) e gli 89.000 lavoratori (ipotesi massima, che tiene conto, tra l’altro, anche della fuoriuscita dal mercato dei lavoratori domestici stranieri che nel frattempo raggiungeranno l’età pensionabile), per una media di 25/30.000 nuovi inserimenti annui. Sottraendo la quota che verrebbe coperta da lavoratori stranieri comunitari, il fabbisogno di manodopera aggiuntiva non comunitaria si attesta tra circa 57.000 e 68.000 per l’intero triennio, per una media annua di 19-23.000 nuovi inserimenti dall’estero.
“Al Governo – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – chiediamo che questi numeri, che bene descrivono il fabbisogno familiare, e non quello delle imprese, possano trovare spazio nell’annunciata nuova programmazione triennale dei flussi, da cui il comparto domestico è rimasto escluso negli ultimi 12 anni. L’invecchiamento della popolazione dovrebbe, infatti, essere preso in considerazione nel sistema di programmazione dei flussi migratori in ingresso nel nostro Paese, al pari delle dinamiche economiche”.
“Visto il limitato numero annuale di nuovi ingressi per lavoro non stagionale che hanno avuto luogo in Italia da parte di cittadini non comunitari da ben 12 anni a questa parte, è ragionevole supporre – afferma Luca Di Sciullo, presidente di Idos – che quelli riguardanti il comparto domestico siano stati ogni anno tra qualche centinaia e poco più di un migliaio. Dinanzi a un fabbisogno del comparto che la nostra ricerca calcola oggi in oltre 20.000 unità l’anno e che nel 2010, nell’ultimo Decreto flussi che ricadeva sotto una programmazione triennale e in cui era specificata la quota riservata al lavoro domestico, era stato di ben 30.000, è facile vedere come, in questo comparto così a lungo trascurato, i nuovi avviamenti dall’estero siano stati tra le 20 e le 30 volte più bassi del reale fabbisogno. È il paradosso di politiche del tutto assenti sul piano della programmazione a monte e attive solo su quello della regolarizzazione a valle, così che nel mezzo si è di fatto lasciato ampio spazio al lavoro nero”.