L’82,5% delle famiglie datrici di lavoro domestico preferirebbe ricorrere a procedure alternative al Decreto Flussi per regolare l’ingresso dei cittadini stranieri per motivi di lavoro, in particolare il 28,4% opterebbe per un permesso di soggiorno per ricerca lavoro di durata annuale, convertibile in permesso di lavoro. È quanto emerge dallo studio “Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie” realizzato dal Censis per Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, contenuto nel Rapporto 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, Famiglia e lavoro domestico”, che comprende un’indagine realizzata presso un campione di 2.400 famiglie datrici di lavoro domestico.

Nel dettaglio: il 28,4% delle famiglie ha dichiarato che rispetto al Decreto Flussi preferirebbe un permesso di soggiorno per ricerca lavoro della durata di un anno eventualmente convertibile in permesso per lavoro; il 27,8% sceglierebbe come opzione la regolarizzazione attraverso un contratto di lavoro, accessibile in qualsiasi momento e su base individuale, per lavoratori senza un titolo di soggiorno già presenti sul territorio italiano a fronte di un reddito il cui importo sia superiore all’assegno sociale annuo. Di poco inferiore la quota di chi, il 26,4% del campione, opterebbe per l’assunzione diretta a chiamata, “extra quote” per il datore di lavoro, fatta in qualsiasi momento e senza limitazioni rispetto al settore produttivo o al paese di origine. Solo per il 17,5% delle famiglie il Decreto Flussi va bene già così com’è.

Quanto alla modalità del Click Day, dal sondaggio emerge come questa procedura sia per lo più sconosciuta alle famiglie, il 71,7% ha infatti dichiarato di non conoscerla, mentre chi ne è a conoscenza la considera complicata: il 23,5%, circa un quarto del totale. Nel dettaglio, il 17,7%, accanto alle difficoltà operative, l’ha ritenuta inadeguata per una richiesta così importante, mentre il 5,8%, pur riconoscendone l’efficacia, l’ha giudicata complessa e solo 4,8% ne ha ravvisato l’efficacia.

Infine un giudizio sull’esperienza dello scorso 4 dicembre, giornata del 1° Click Day per il lavoro domestico, riammesso nelle quote dopo 11 anni di esclusione. Tra le criticità segnalate: quote insufficienti con rischio di non rientrarci (80%); tempistiche per ottenere un riscontro troppo lunghe (36,7%); domanda non inviata in tempo reale a causa del portale del Viminale andato in tilt (26,7%); compilazione dell’istanza troppo complicata e ricca di passaggi (16,7%).

“Dai risultati di questa indagine – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – appaiono evidenti sia i limiti del Decreto Flussi, che della procedura del Click Day ad esso collegata. Uno strumento poco conosciuto dalle famiglie datrici di lavoro domestico, forse anche a causa della lunga esclusione del comparto dalle quote, ma soprattutto troppo complicato ed inadeguato. Sullo sfondo c’è la data del 21 marzo, il giorno del Click Day per il lavoro domestico del 2024. Il nostro timore, se non addirittura certezza, è che possano verificarsi le stesse criticità già riscontrate lo scorso 4 dicembre. Quanto al Decreto Flussi, il fatto che l’82,5% delle famiglie abbia dichiarato di preferire altre procedure dovrebbe far riflettere il Governo rispetto all’esigenza di creare un sistema più flessibile e snello per regolamentare gli ingressi degli stranieri per motivi di lavoro. Un modello più rispettoso dei diritti dei lavoratori ma anche delle esigenze delle famiglie, soprattutto rispetto alla condizione della non autosufficienza”.

Non lasciare al caso la gestione di colf, badanti e baby sitter!

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