“Chiediamo al ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, di fare chiarezza una volta per tutte sul settore domestico: le tante famiglie che rappresentiamo ma, soprattutto, i migliaia di lavoratori che sono stati costretti ad interrompere l’attività a causa dell’emergenza sanitaria hanno il diritto di sapere se potranno, anche loro al pari degli altri, contare su un’indennità di 600 euro”. È quanto dichiara Andrea Zini, a nome della Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico, Fidaldo.
“Ieri – prosegue – è stato firmato il primo decreto interministeriale che fissa le modalità di attribuzione per accedere al fondo e si parla solo di autonomi e di professionisti iscritti agli enti di diritto privato. Al ministro chiediamo, quindi, dove sia finita la categoria dei lavoratori dipendenti che veniva citata nell’art. 44 del Decreto Cura Italia. Nell’auspicio che quello di ieri sia solo il primo dei provvedimenti attuativi dell’art.44 del Cura Italia e che presto arrivi anche quello per i dipendenti, – prosegue – facciamo comunque notare che per i dipendenti, tra cui rientrano i domestici, rimarrebbero solo 100 milioni di euro poiché il provvedimento odierno stanzia 200 milioni sui 300 milioni totali messi a disposizione per l’anno 2020. Se così fosse, il provvedimento sarebbe destinato a pochissimi lavoratori o comunque si tradurrebbe in un importo minimo. Se considerassimo solo il settore domestico, dove il 60% degli 860 mila regolari hanno già interrotto l’attività lavorativa, il contributo ammonterebbe a soli 200 euro. Per questo motivo – conclude – torniamo a chiedere al Governo di includere colf, badanti e baby sitter tra i beneficiari della cassa integrazione in deroga. Introdurre per il comparto un eventuale reddito d’emergenza rappresenterebbe, invece, un errore senza precedenti: il rischio potrebbe essere quello di veder aumentare a dismisura il fenomeno del lavoro nero che già oggi rappresenta il 60% del totale”.