Attività domestiche e cura della famiglia, sono le donne a dedicare più tempo alla casa: di media 19 ore a settimana contro le 10 degli uomini. È quanto emerge dall’indagine “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia” realizzata dal Censis per Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico i cui risultati vengono, in parte, resi noti in occasione della giornata dell’8 marzo, Festa Internazionale della Donna.

Nel dettaglio, guardando all’impegno con cui nelle famiglie associate ad Assindatcolf con figli minori di 14 anni ci si dedica alla cura della casa appare evidente la distanza tra universo femminile e maschile. Il 70% degli uomini ha, infatti, dichiarato di impegnarsi fino a 14 ore alla settimana a fronte di un 17,9% che ha ammesso di farlo per 15-24 ore e solo di un 11,9% che lo farebbe per 24 ore settimanali ed oltre. Opposta la situazione dal lato delle donne, con un impegno che appare maggiore e costante: il 45,3% del campione ha, infatti, dichiarato di essere impegnato fino a 14 ore mentre il 54,7%, oltre la metà, dalle 15 alle 24 ore alla settimana. In termini generali, all’interno delle famiglie in cui sono presenti bambini o ragazzi fino a 14 anni, l’impegno da dedicare all’attività domestica e familiare è più alto rispetto al totale delle famiglie dove non sono presenti figli o sono di età maggiore ai 14 anni: fra chi dedica all’attività dalle 7 alle 14 ore alla settimana la distanza supera i tre punti percentuali; 3,5% in più fra chi dedica all’attività domestica e familiare dalle 15 alle 24 ore alla settimana. Molto più bassa è la quota dei rispondenti che appartengono a famiglie con minori e che hanno dichiarato di non svolgere attività domestica: il 5,6% rispetto al 17,4% del totale delle famiglie.

“I risultati dell’indagine Censis-Assindatcolf – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – restituiscono l’immagine di una donna ancora troppo impegnata in casa e questo, alla vigilia dell’8 marzo, Festa Internazionale della Donna, dovrebbe rappresentare motivo di riflessione per la politica e le Istituzioni. Per favorire l’empowerment femminile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro bisogna puntare anche sul settore del lavoro domestico, che significa aiuto concreto in casa e per i figli piccoli, senza considerare in questo spaccato tutto il problema della non autosufficienza. Un sostegno che tutte le donne dovrebbero potersi permettere poiché questo può rappresentare maggiori possibilità di perseguire la propria carriera e di non rinunciare al lavoro per occuparsi della casa. Ecco perché da anni chiediamo al Governo di prevedere specifiche forme di sostegno alle famiglie: attenuare i costi sostenuti per l’assunzione del personale domestico è sicuramente un grande investimento in welfare che può, però, generare un potente volano per l’economia”.

“Nonostante ‘l’inverno demografico’ sia ormai in atto da tempo in Italia – dichiara Andrea Toma, direttore di ricerca del Censis citando una rielaborazione dei dati Istat – per le donne il dilemma ‘figli o il lavoro’ resta tutt’oggi centrale: al basso tasso di natalità (6,8 nati per mille abitanti contro la media europea di 9,1), si aggiunge un insufficiente livello di offerta di servizi per l’infanzia (ci si prende carico solo di 13 bambini fino ai 2 anni su 100) e un basso tasso di occupazione femminile. Sono proprio le madri con figli piccoli (0-5 anni) a rinunciare al lavoro: il tasso di occupazione è il 26,4% nel caso di donne con al più la licenza media (contro il 39,2% del totale), il 52,6% fra le diplomate (circa dieci punti in meno sul totale delle donne diplomate con età 25-54 anni)”.

Non lasciare al caso la gestione di colf, badanti e baby sitter!

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