Nella Giornata Internazionale del Lavoro Domestico, Fidaldo lancia l’allarme. Il presidente Andrea Zini: “La misura per l’assistenza agli anziani non decolla. Servono regole più eque e meno burocrazia”
In occasione della Giornata Internazionale del Lavoro Domestico, Fidaldo, la Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico, accende i riflettori su un rischio concreto: il fallimento della Prestazione Universale per la non autosufficienza, introdotta dalla Legge 33/2023 per superare i limiti dell’attuale Indennità di Accompagnamento.
Non solo – come già rilevato a gennaio 2025, mese di avvio della misura – la platea dei potenziali beneficiari è limitata a circa 25-30 mila anziani non autosufficienti, su un totale che, secondo le stime più recenti, ha superato i 4 milioni nel 2023. Ma secondo le prime rilevazioni dei patronati, la sperimentazione sta registrando un tasso di adesione estremamente basso, tanto da rendere improbabile il raggiungimento degli obiettivi previsti e lasciando a rischio gran parte dei 500 milioni di euro stanziati per il biennio 2025-2026.Le cause? Requisiti troppo selettivi, incompatibilità con altri sussidi regionali e una struttura complessa e poco chiara.
La misura prevede un’erogazione economica in due versioni: una base, libera e non tracciata (sul modello dell’indennità attuale), una potenziata, vincolata all’utilizzo di servizi forniti da operatori regolarmente assunti. Proprio quest’ultima, pensata per incentivare l’emersione del lavoro nero, resta inapplicata a causa di vincoli troppo rigidi. Un cortocircuito in un sistema già fragile: il settore domestico in Italia conta quasi un milione di lavoratori, di cui circa la metà impiegati in modo irregolare, uno dei tassi più alti d’Europa.
“Pur nata con buone intenzioni, – spiega Andrea Zini, presidente di Fidaldo – la misura rischia di essere disertata proprio da chi ne avrebbe più bisogno . Serviva un cambio di passo, invece ci troviamo di fronte a un’occasione mancata. Così non si sostiene l’assistenza regolare, né si combatte davvero il lavoro nero. E a pagarne il prezzo sono ancora una volta le famiglie. È quindi opportuno che si rivedano i criteri della misura, prima che si perda definitivamente la fiducia delle famiglie. È in gioco la sostenibilità del nostro sistema di assistenza e, soprattutto, la dignità di chi ogni giorno si prende cura dei più fragili”.