No alle limitazioni del diritto alla pensione di reversibilità basate sull’età, ovvero sul solo dato anagrafico. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 174 del 15 giugno 2016, che ha dichiarato l’incostituzionalità della norma che limitava l’ammontare della pensione di reversibilità quando il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio ad un’età superiore ai settant’anni e il coniuge superstite era più giovane di almeno vent’anni. Soddisfazione sul pronunciamento della Consulta è stata espressa da Assindatcolf poiché “non può essere solo una legge a regolare rapporti affettivi, anche delicati” ha sostenuto l’associazione. “Siamo comunque consapevoli – ha precisato Assindatcolf – dell’esigenza di restare sempre vigili per evitare possibili casi di circonvenzione di anziani e talvolta anche malati, che purtroppo rappresentano una triste realtà. Un ruolo fondamentale in questo senso possono svolgerlo le famiglie, non solo denunciando eventuali situazioni a posteriori, ma anche dando un contributo nella fase di selezione del lavoratore domestico. Curricula professionali, formazione e referenze possono fare la differenza molto più di quanto in questi anni abbia prodotto una legge. Il fatto che un rapporto di cura ed assistenza ad una persona anziana si possa trasformare in altro è una realtà e non per forza ‘inconsapevole’ che, in ogni modo, dovrebbe rimane ascritta nella sfera delle libertà personali”.