È di nazionalità filippina, lavora mediamente 15 ore a settimana, con un netto di circa 7,5 euro l’ora ed uno stipendio mensile di poco inferiore ai 500 euro, che diventano 6.432 euro all’anno. È questo l’identikit della colf regolarmente assunta che presta servizio nelle case degli italiani, una fotografia scattata dall’Osservatorio statistico di Assindatcolf che ha operato alcune rilevazioni utilizzando dati reali relativi ai propri iscritti.
Quanto ai costi a carico del datore di lavoro, ogni mese una famiglia che in casa si avvale dell’aiuto di un addetto alle pulizie spende complessivamente 707 euro (comprensivi di contributi, ferie, tfr e tredicesima), ovvero circa 8 mila euro l’anno, di cui ben 928,20 di contributi Inps. Dalle pulizie della casa alla cura delle persone anziane e disabili, in Italia le badanti maggiormente richieste sono quelle dell’Est Europa che prestano servizio in regime di convivenza: mediamente lavorano 40 ore settimanali e guadagnano 1030 euro al mese, ovvero 14.326 euro l’anno. Più alti i costi a carico della famiglia: complessivamente 1505 euro al mese, che annualmente diventano 17 mila, di cui 1622 euro di contributi all’Inps. Per concludere la baby sitter: nel belpaese la tata maggiormente richiesta è quella non in regime di convivenza, mediamente accudisce bambini per 5 ore al giorno (ovvero25 asettimana), guadagnando poco meno di 800 euro al mese, ovvero circa 10 mila euro l’anno, che per un datore diventano mensilmente 1070 euro e 12 mila l’anno, di cui 1014 di contributi Inps.
“A fronte di un welfare pubblico che sta progressivamente razionalizzando i suoi servizi, – ha spiegato Andrea Zini, vice presidente Assindatcolf – il ruolo dei lavoratori domestici diventa oggigiorno insostituibile per l’organizzazione familiare ma anche per la tenuta sociale del sistema. Sulle famiglie italiane ricade, infatti, tutto il peso di questo modello, a partire da quello economico. Per invertire la tendenza – ha concluso – è necessario introdurre nel campo delle agevolazioni fiscali la deduzione totale del costo del lavoro domestico, una misura che consentirebbe ai datori di risparmiare dai 2 ai 5 mila euro l’anno ma anche di far emergere migliaia di lavoratori che oggi lavorano in nero”.