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Lavoro domestico, da Assindatcolf una mini guida su come gestire il domestico che non rientra dalle ferie

Una malattia imprevista, un volo cancellato, un problema con un parente nel paese di origine: sono solo alcune delle più comuni motivazioni che possono causare uno slittamento nella ripresa delle attività di colf, badanti e baby sitter dopo le ferie estive. “Una condizione che può provocare pesanti ricadute sugli equilibri familiari, soprattutto quando si devono gestire anziani non autosufficienti, malati o bambini piccoli, con le scuole  ancora chiuse” spiega Teresa Benvenuto, segretario nazionale di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico. Per questo l’Associazione ha messo a punto una mini guida dedicata alle famiglie su come gestire il mancato rientro a lavoro del domestico dopo lo stop di agosto.

“Per prima cosa – continua Benvenuto – è necessario inviare una lettera di contestazione tramite raccomandata con ricevuta di ritorno presso la residenza del lavoratore. È buona regola anticipare la contestazione anche per vie brevi (tramite mail o servizi di messaggistica istantanea), in modo da riuscire a raggiungere il lavoratore ovunque si trovi, anche fuori dai confini nazionali”

Il Ccnl prevede (art. 22) un periodo di tempo pari ad un massimo di 5 giorni per giustificare l’assenza. “Se questo non avviene – spiega il segretario nazionale di Assindatcolf – il datore può licenziare per giusta causa e senza alcun termine di preavviso, inviando una seconda raccomandata. In caso di interruzione del rapporto di lavoro dovranno, ovviamente, essere indennizzate tutte le spettanze che sono maturate durante l’assunzione, come tredicesima, tfr e ferie. Tuttavia – conclude – licenziare non è un obbligo ma una scelta. La famiglia può, infatti, anche decidere di attendere il rientro del domestico, magari trovando un sostituto da assumere con contratto a tempo determinato o ricorrendo al Libretto Famiglia. I giorni di assenza del lavoratore titolare non dovranno essere pagati ma considerati come un permesso non retribuito, così come disciplinato dall’articolo 19 del Ccnl”.

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