“Sono quasi tutte straniere, parlano un italiano stentato e hanno una grandissima necessità di trovare lavoro. E così si trovano a sgobbare 22 ore al giorno per 900 euro al mese, al soldo di cooperative che le sfruttano”. Inizia così l’inchiesta pubblicata su l’Espresso, edizione del 5 agosto, dedicata al fenomeno delle false cooperative nel settore del welfare e più precisamente nel campo dell’assistenza agli anziani. Una doppia truffa quella finita sotto la lente di ingrandimento del settimanale che, se da una parte colpisce le lavoratrici straniere che offrono aiuto in casa ad anziani, malati e disabili, dall’altra danneggia pesantemente le stesse famiglie.
“Il fenomeno, denunciato dalla Camera del lavoro di Bergamo, – scrive l’Espresso – è in rapida crescita e, per via di un buco normativo, perfettamente legale. (…) Il tranello sta tutto nell’incapacità delle donne coinvolte di capire quale tipo di contratto viene loro proposto”. Non avendo una buona padronanza dell’italiano le lavoratrici credono, infatti, di sottoscrivere un contratto di lavoro quando in realtà si stanno iscrivendo alle Camere di Commercio locali per aprire una partita iva. “Le cooperative provvedono a tutto, – si legge ancora – trovano le famiglie bisognose di una badante e loro iniziano a lavorare presso di loro. Poi, una volta al mese, si recano alla cooperativa per incassate la busta paga e l’assegno”. Una cifra che si aggira intorno agli 800, 900 euro. Soldi che le lavoratrici pensano essere netti ma che in realtà sono lordi e sui quali loro stesse dovrebbero provvedere a pagare tasse e contributi. Ma questo invece non avviene perché “le stesse – si legge su l’Espresso – ignorano di non essere in regola, finché all’indirizzo della loro residenza arrivano cartelle esattoriali salatissime”.
Ma non solo, dall’altro lato ci sono le poi le famiglie: “Il fenomeno – scrive il settimanale – ha ripercussioni pesanti a livello contrattuale sia per le lavoratrici, sia per le famiglie degli anziani, costretti a firmare clausole che prevedono un’esclusiva dell’agenzia nei confronti della lavoratrice attraverso un sistema di pesanti penali. Conti alla mano, le famiglie che si appoggiano a queste cooperative spendono molto di più di quello che spenderebbero facendo un contratto regolare di assunzione secondo il contratto nazionale del lavoro domestico; con il rischio di dover sborsare altri soldi in quanto, in caso di controversie, risponde la famiglia utilizzatrice e non la cooperativa. Purtroppo le normative attuali, a causa di un buco giuridico, non consentono di dichiarare l’illegittimità di questa prassi; ma è fuori dubbio che ci si stia approfittando di lavoratrici deboli contrattualmente e di clienti deboli emotivamente”.